Sono storie di questi anni, STORIE di resistenza.

Resistenza alle razzie dei Pochi d’ogni spazio di esistenza e riflessione comune,
alle continue privazioni ed allo sfacelo degli insuccessi umani.

Resistenza ai canti di sirena del malaffare:
dalle rassicuranti nenie ipnotiche ai ritornelli accattivanti;
dai travolgenti ritmi di pistole e manganelli al suono atono dei tanti isolamenti.

Resistenza, ancora, alle pastoie di un presente sempre fine a se stesso e mai pago,
svuotato di qualsiasi ulteriore significato.

Ed infine, resistenza all’odio che non è pratico né poetico
e porta solo ad un tragico epilogo.
A settembre del 2007 ho esposto alcuni dei miei dipinti in una sala del Comune di Bari. In quell'occasione ho avuto modo, come solitamente avviene in questi casi, di riflettere su quanto stessi facendo, su cosa avesse prodotto e dove si stesse dirigendo la mia personale ricerca estetica. Il confronto con la critica ed il pubblico hanno aiutato questo lavoro di analisi offrendomi la possibilità di definire meglio la mia attività, il mio ruolo e la mia connotazione sociale. Questa riflessione non ha svolto, tuttavia, solo un ruolo chiarificatore, ha fatto nascere nuovi e imprevisti dubbi. Ha scosso alcune blande certezze su cui a lungo ho poggiato, per aprire nuovi orizzonti di senso, da costruirsi sempre nel fare, nel lavoro quotidiano, nell'agire.
Ho l'abitudine di riporre in un cassetto tutti i miei scarabocchi; ogni tanto mi piace svuotarlo e scorrere queste immagini non più mie, immagini senza valore, per cercarvi semi da sotterrare. Dopo la mostra così ho fatto, e dal marasma è emersa una serie di disegni di banchi di pesci. Il motivo per cui, in quel momento, mi abbiano colpito proprio quei segni lo ignoro e cerco di comprenderlo tuttora, tuttavia vi ho visto un qualcosa su cui lavorare, l'inizio di una nuova strada da intraprendere, da aprirsi a colpi di mannaia nella foresta.



uno

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