Sono storie di questi anni, STORIE di resistenza.

Resistenza alle razzie dei Pochi d’ogni spazio di esistenza e riflessione comune,
alle continue privazioni ed allo sfacelo degli insuccessi umani.

Resistenza ai canti di sirena del malaffare:
dalle rassicuranti nenie ipnotiche ai ritornelli accattivanti;
dai travolgenti ritmi di pistole e manganelli al suono atono dei tanti isolamenti.

Resistenza, ancora, alle pastoie di un presente sempre fine a se stesso e mai pago,
svuotato di qualsiasi ulteriore significato.

Ed infine, resistenza all’odio che non è pratico né poetico
e porta solo ad un tragico epilogo.

TUUUUUUUUUUU

Dove sarai?
Tuuuuuuuuu
Perché non rispondi?
Tuuuuuu.
La mia cornetta è levata ancora, perché
TU
Mente elevata
Più
Non ricordi e dici:
si è perso il numero”.

Ricordo
Cinquecentomila, o forse più,
anni fa.
Fu allora che
l’orso rivelò me
E a chiari numeri come
Collegarsi,
ricollegarsi.
Da allora
La mia cornetta levata
Ripete e
Asseconda i secondi,
muove
l’identico fiume
di Eraclito e Borges.

Ed ho un sospetto oggi:
fu l’animale a imbrogliare
desiderando imbrigliare
questo nuovo essere
che, chiaro,
animale non era?
(niente orso, niente ricorso)


… il numero…
…forse
era 2 o 3 o 1.
Che? Sei?

Non ricordo.
Ricordo 500000
anni, tutti.

E intanto irrequieto,
perché lo sono,
è vero,
irrequieto
mi trasformo
e trasformo te,
tu.

T è un’ascia tagliente come il suo suono,
descrive del trilite il nodo,
è un tipo che si è vestito di un cappello a falda larga
ed ora passeggia bello, vanitoso.

U è una lama che si lamenta (ma di piacere)
È una culla in attesa
che desidera solo
un ombrello che
la ripari dal sole.

È troppo il sole.

E T e U più sole non sono:
T lesto
su lei posa il cappello,
U mesta oscilla
per ringraziare.

TRASFORMO TU E



SIAMO LA STESSA COSA.

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