Sono storie di questi anni, STORIE di resistenza.

Resistenza alle razzie dei Pochi d’ogni spazio di esistenza e riflessione comune,
alle continue privazioni ed allo sfacelo degli insuccessi umani.

Resistenza ai canti di sirena del malaffare:
dalle rassicuranti nenie ipnotiche ai ritornelli accattivanti;
dai travolgenti ritmi di pistole e manganelli al suono atono dei tanti isolamenti.

Resistenza, ancora, alle pastoie di un presente sempre fine a se stesso e mai pago,
svuotato di qualsiasi ulteriore significato.

Ed infine, resistenza all’odio che non è pratico né poetico
e porta solo ad un tragico epilogo.

PIANI SENZA PROGETTO: quando voglio/posso, mi posiziono davanti al pannello e semplicemente cerco di forzarne l’ingresso.


AstratTO n.1, 2010 cm 24×33, penna su carta

Qualche tempo fa, un mio caro amico, anch’egli pittore, realizzò un disegno in cui appariva una giovane studente di pittura dell’Accademia nell’atto di contemplare la propria tela. trovai molto interessante quest’opera, oltre che per lo stile e la maestria, soprattutto per l’inquadratura scelta. della ragazza vediamo il volto e il suo sguardo fisso sul quadro, del quadro invece solo il retro. oltre il quadro, verso di noi, poi, vediamo ancora l’aria, la polvere, i giochi di ombra e luce, il solito spazio. lo sguardo di lei appare come semplicemente interrotto da un pezzetto di tela posto a poca distanza dal corpo, ma anche fisso su un qualcosa che a noi è precluso, rapito da uno spazio illusorio, perso in profondità. tuttavia questa mia lettura dell’opera non corrispondeva minimamente al significato che invece aveva voluto infondervi l’autore. lui nel suo lavoro dal vero aveva potuto vivere quei momenti, quella situazione e da essa aveva tratto un forte senso di disagio per la condizione di crisi in cui gli era sembrato versasse il soggetto rappresentato a causa della personale incapacità a svolgere sensatamente quella specifica attività.  questa la sensazione che il mio amico avrebbe voluto comunicare anche a me ma che io non colsi affatto, riversando in quella figura, probabilmente, un mio racconto personale. Ripenso a quel momento perché più che mai quell’immagine ancora mi rappresenta per come l’avevo percepita, per come intatta si è conservata nella mia memoria.